Lungo il corso del Timavo
Il corso del fiume Timavo era ben noto già in età antica: Plinio e Strabone lo ricordano come un’area di intensa occupazione, con un importante luogo di culto e uno scalo portuale, nonché come luogo di produzione di un famoso uvaggio. Tuttavia, le attività antropiche di epoca moderna hanno di molto modificato l’aspetto di quest’area, determinando l’avanzamento della linea di costa e facendo scomparire l’originario sistema lagunare (il lacus Timavi) che lo doveva caratterizzare in antico.

Il complesso sorge sul pendio alle spalle del Villaggio del Pescatore, in posizione dominante sulla baia del "Boccatino" e prospicente il corso del fiume Timavo. Oggi si conservano alcuni tratti delle strutture pertinenti alle terrazze a strapiombo sul mare (ancora alla fine dell’800 l’acqua doveva giungere fin sotto la scogliera, come si nota da alcune immagini fotografiche dell’epoca). Degli ambienti residenziali sul terzo livello, in posizione più elevata, rimangono resti delle pavimentazioni. Sul lato occidentale del complesso, un sentiero tagliato nella roccia portava verso il mare e verso fonti di acqua potabile. È possibile che questo sito sia da identificare come parte di un più vasto impianto edilizio, di cui avrebbero fatto parte anche le strutture limitrofe di Casa Pahor.
Infatti, in occasione dei lavori di ampliamento del complesso del Villaggio del Pescatore, qui furono rinvenuti resti di muri e pavimenti, insieme a molti frammenti di ceramica sigillata, pesi da telaio e murici. Dopo indagini parziali, le evidenze archeologiche furono reinterrate e, attualmente, giacciono sotto il complesso residenziale moderno.
L'insediamento si configurava con ogni probabilità, dunque, come un’imponente villa su terrazze, caratterizzata da una pars residenziale in posizione elevata (palazzo d’Attila) e da una produttiva posta più a ridosso della costa (casa Pahor). Una sorta di pavimentazione inclinata ha lasciato ipotizzare che esistesse anche un piccolo imbarcadero.
Si tratta di uno dei pochi casi in cui ci siano pervenuti resti consistenti delle strutture della villa romana, visibili all’interno del Parco dell'Acquedotto "G. Randaccio" a Duino. Realizzata sulle pendici dei rilievi in prossimità del corso del Timavo, la villa era distribuita su tre terrazze e conobbe un lungo periodo di vita, compreso tra il I secolo a.C. ed il IV secolo d.C. Sono stati identificati almeno 40 ambienti, alcuni dei quali scavati direttamente nella roccia. Il settore abitativo vero e proprio era caratterizzato da vani in parte affacciati su un porticato, pavimentati con mosaici a motivi geometrici. La parte produttiva conservava pavimenti meno raffinati e tracce di dolia interrati. La pianta subì modifiche nel momento in cui venne creato un settore a ovest con vani riscaldati (terme) e, nell’ultima fase, quando si realizzarono due vasche circolari nel settore meridionale.